Una recente pronuncia del Tribunale Ordinario di Milano, Sezione Specializzata Impresa “B”, la sentenza n. 5856 del 7 giugno 2024 (RG n. 19225/2021) , offre importanti spunti di riflessione in materia di contratti di cessione di quote societarie, con particolare riferimento all’efficacia probatoria delle quietanze liberatorie e alle conseguenze del disconoscimento della propria sottoscrizione.
Il Caso
La controversia trae origine dalla domanda di risoluzione di un contratto di cessione di quote sociali, promossa dal cedente nei confronti del cessionario. L’attore lamentava il mancato pagamento del prezzo pattuito per la cessione, , e chiedeva, di conseguenza, la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c., con il conseguente ripristino della sua titolarità delle quote nel Registro delle Imprese .
Il convenuto si costituiva in giudizio eccependo l’avvenuto adempimento della propria obbligazione di pagamento. A sostegno della sua tesi, produceva una dichiarazione scritta, sottoscritta – a suo dire – contestualmente all’atto notarile di cessione anche dall’attore e da un altro soggetto coinvolto in una parallela cessione di quote. Tale scrittura, secondo il convenuto, costituiva una quietanza pienamente liberatoria da ogni obbligazione nascente dalla cessione .
Di fronte a tale produzione documentale, l’attore, alla prima udienza di trattazione, disconosceva la firma apposta a suo nome in calce alla scrittura privata. Il convenuto, insistendo sull’autenticità della sottoscrizione e precisando che il documento era stato predisposto dal notaio e firmato dalle parti presso il suo studio, chiedeva la verificazione della firma disconosciuta .
La Decisione del Tribunale
Il Collegio ha qualificato la cessione di quote come una “dichiarazione a contenuto negoziale”.
In essa, le parti, con riferimento all’atto di cessione quote della società ***** srl, riconoscevano che con tale cessione dovevano intendersi “regolati e definiti tutti i rapporti già intercorsi ed eventualmente ancora oggi pendenti” e dichiaravano “di non avere più nulla a chiedere e pretendere gli uni dagli altri, rilasciandosi così reciprocamente ampia e finale quietanza, liberatoria e discarico” .
Il Tribunale ha sottolineato come tale dichiarazione, richiamando anche altri e diversi rapporti d’affari tra le parti, avesse l’effetto di chiudere definitivamente i loro reciproci rapporti attraverso la cessione delle quote, con “effetto implicito anche di adempimento delle reciproche obbligazioni così estinte” , citando a supporto Cass. 9120/2015 e Cass. 21400/2023.
Considerazioni
La sentenza in commento ribadisce alcuni principi fondamentali in materia contrattuale e processuale.
- Valore della quietanza liberatoria: Una quietanza che non si limiti ad attestare il mero pagamento, ma contenga una dichiarazione più ampia di aver definito ogni rapporto pendente e di non aver più nulla a pretendere, assume un valore negoziale significativo, potendo precludere future contestazioni relative all’adempimento delle obbligazioni coperte dalla quietanza stessa.
- Onere della prova nell’inadempimento: Chi agisce per la risoluzione del contratto per inadempimento ha l’onere di provare la fonte del proprio diritto (il contratto) e allegare l’inadempimento della controparte, mentre spetta al convenuto provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, come l’avvenuto adempimento. In questo caso, la produzione della quietanza liberatoria, una volta confermata la sua autenticità, ha spostato efficacemente l’onere probatorio.
Le dichiarazioni liberatorie, se redatte in modo chiaro e completo, e sottoscritte dalle parti, possono costituire un valido strumento per prevenire future controversie o per risolverle efficacemente in sede giudiziaria.